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... imbrandisce uno stilo, e gli si avventa d'assassino ferendolo sulla testa,
e l'assalito fu obbligato scaricargli una pistota per difendersi,
che fortunatamente non ferì;
durava ingagliardita la briga,
quando a velocità d'un fulmine corse lo scrivente afferra suo fratello
e lo conduce a casa, spegnendo così la sanguinosa conseguenza
(così risulta dal processo istruito il 17, e 18 aprile).
Ma data questa eventualità fu argomento d'appoggio pel Capocasale Capitano,
e suo zio Tallarico Sindaco in allora,
i quali di concerto vergarono sanguinolenti rapporti Uffiziali contro i fratelli Rizzuti,
colerendo l'accaduto in mille guise,
addebitando al sottoscritto di avere facilitato la fuga del detenuto suo fratello,
e parlato contro il Governo.
In vista di tali buggiardi rapporti,
dettati dall'odio della vendetta,
corsero a galoppo il Giudice, ed il Delegato del Mandamento,
e poichè avvanzi delle nomine Borboniche temendo il Sindaco ed il Capitano,
si diedero sfacciatamente al loro partito,
e si affacendarono troppo a tener loro la parte,
onde rovinare i poveri fratelli Rizzuti;
Ma furono nulli tutti gli sforzi mentre la Corte d'Assisa
con decisione del 28 Maggio 1863 dichiarò non farsi luogo a procedimento pel Sottoscritto,
condannando il Fratello ad un mese di prigionia per lo scatto dell'arma.
La sfacciata imbecillità del Giudice, e del Delegato di Pubblica Sicurezza,
e la infame mendacia del Tallarico Sindaco e Capocasale Capitano
indignarono il minor Fratello Rizzuti Vincenzo,
che per giustificare la opinione dei propri fratelli calunniati,
diede alle stampe un Libello,
nel quale tra l'altro fece un quadro della condotta e dei furti, Concussioni, ed estorsioni,
che i cennati funzionari aveano consumato nello esercizio delle rispettive Cariche.
Ma poichè pur troppo verità vi si erano consacrate,
eglino temendo di assoggettarli ad accusa innanti ai Tribunali,
non ardirono neppure lagnarsene, ne rendere la pariglia,
giacchè nessun materiale denigrante offriva la condotta dei Rizzuti,
anzi si mostrarono ammansiti e sottomessi.
Covavano però l'odio della vendetta segreta
coll'arma della calunnia e dell'intrigo;
ma temendo il solito vano risultato delle loro mene,
vi si preparavano per miglior tempo, e circostanze.
Non tardò la sventura dargliene propizia occasione
con la pubblicazione della Legge Pica 15 Agosto 1863,
la quale affida alla coscienza alla volontà di tali funzionari
l'Onore, la Sorte, la Felicità e le Sostanze d'ogni più Onesto che sia Cittadino.
Profittando dunque di questo,
di concerto spinsero contro di lui una denunzia al Signor Prefetto della Provincia,
accusandolo di fatti insussistenti, come a suo luogo saranno accennati e giustificati;
ed il Signor Prefetto che ignorava l'intrigo,
poichè da 4 giorni arrivato a quel governo,
prestando fede al loro carattere di Uffiziali Pubblici,
ordinò l'arresto che fu eseguito il 10 Ottobre 1863,
e chiuse indi lo scrivente in tetra Prigione pari ad un Parricida,
fino al 27 Febbraio 1864 che fu obbligato partire.
Fra questo tempo mille suppliche avvanzò a quel Signor Prefetto
onde conoscere le sue colpe per giustificarle,
ma furono invane, giacchè la legge lo vietava;
il 7 Febbraio 1864 questa legge fu modificata
ammettendo l'interrogatorio, e la giustifica dell'imputato.
Fu allora che rinnovò sue istanze, e non gli furono ammesse,
mentre era stato condannato sotto l'impero della vecchia legge 15 Agosto 1863,
sin dal 25 Novembre detto anno,
ed invece fu obbligato partire per questa volta il 27 Febbraio.
Giunto in questa Città di Pisa sgannato, ed avvilito
rassegnavasi al duro suo destino,
quando una fortunata circostanza lo mettea in relazioni con alti, e distinti uomini,
per mezzo dei quali ha potuto sapere le accuse addebitategli,
ma quel che più lo ha rammaricato è l'avere conosciuto
che le informazioni sul conto suo furono da quel Prefetto,
che ignorava gl'intrighi,
commesse agli stessi autori della calunnia Sindaco, Delegato, e Giudice.
Giudiche!
ogni saggio Amministratore di Giustizia come mai potea risultare così la sua innocenza? il suo merito?
fu perciò tinto dalle più nere calunnie conformemente alla denunzia da loro stessi concertata.
Il Sottoscritto si è dunque provveduto dei più chiari documenti analoghi alle accuse,
dai quali specchiata comparisce la sua innocenza, anzi il suo merito
come qui appresso vengono indicati.
Gli addebiti sono i seguenti,
e lo scrivente sene giustifica non solo per onesta, e sincera narrativa dei fatti,
ma l'appoggia coi documenti, inviandone per maggior facilità nello esame,
le parti riguardanti per mezzo di Lettere segnative.
1 Che nel 1832 commise un furto a danno di Vito Mazzuca di Policastro
2 Che nel 1833 dissodava il Regio Bosco Cariglione
Nicola Rizzuti di Pietro Paolo ed Anna Casolini di Petronà
nacque nel di 31 Luglio 1833
(Vedi atto di nascita Foglio 10 lettera B)
quindi nè prima di nascere, nè appena nato potè commettere tali reati.
Chi li commise era altro Nicola Rizzuto di Policastro
3 Ch'era Parente del famigerato capo Banda Santo Rizzuto
Costui come risulta dai documenti fogli 2 Lettera A, e 13, B
non gli fu mai parente, od amico,
tantevero che fu dal sottoscritto perseguitato
per incarico del Generale Afan De Rivera (Foglio 14)
e finalmente lo uccise nel Conflitto che gli sostenne la notte del 9 Novembre 1859
(vedi fogli 15, e 17 Lettere A, B, C, e 13, B).
Ma quel che più giustifica il sottoscritto,
è lo sviluppo della infamia dei suoi nemici;
eglino nello asserire ch'era parente di Santo Rizzuti diceano il vero,
poichè questo era il nome di suo zio;
ma avrebbero onoratamente dovuto far distinzione,
che però questo non era quel Santo Rizzuto Brigante,
ma un Uomo Onorato e probo, che morì in seno di sua famiglia
nella età decrepita di anni 88 il 1 Gennaio 1861,
e questo morì col capo tronco nel Bosco Filicetto
la notte del 9 Novembre 1859 nella età di circa 35 anni,
ed era di altra Provincia e domiciliato in altro Comune
(vedi foglio 13 lettera A)
4 Che al suo servizio ha una donna la quale appartiene a Briganti
Questa donna nel 1856 fu rapita da un brigante
il quale venne arrestato nell'inverno dello stesso anno
ed ora è nei bagni ad espiare la pena di 25 anni.
Liberata dalle dicostui mani dopo un'anno
andò al servizio domestico della famiglia dello scrivente,
e son sette anni che vi dimora
serbando condotta da meritare la ferma al servizio.
Quella che realmente era promessa sposa
nel 1861 del Pietro Bianco
è la dicostei Sorella,
la quale sin d'allora ne perdè tutte le speranze,
atteso il Bianco l'abbandonò
ritirandosi nel suo Paese nella Provincia di Cosenza,
e che ora dicesi scorra la Campagna.
Nessuna relazione ha mai avuto il sottoscritto con costei,
la quale tranquilla ha vissuto, e tuttora vive in quel paese.
5 Che nel 1857 ebbe corrispondenza con Briganti.
La stessa Combriccola i medesimi Nemici
profittandi dei poteri eccezionali conferiti dal Governo Borbonico
al Generale per la repressione dei Briganti,
denunziarono il sottoscritto accusandolo di corrispondenza,
ma istruito analogo processo risultò la sua innocenza
con decisione della Corte di Catanzaro del 27 Giugno 1857
dichiarando non farsi luogo a procedimento Penale.
Sin allora, e fino al 1861 lo scrivente
a sempre accanitamente perseguitato i Briganti,
e molti, ed interessanti servizi a reso,
che per amor di brevità accenna i principali
risultanti dai documenti (Fogli 13, 14, 15, 16, e 17)
cioè l'uccisione del Brigante Santo Rizzuto,
ferito Guglielmo Pantano,
arrestati Pietro Maria Tallarico, Vincenzo Torchia, Giovanni Marchio,
e fatti presentare Filippo Capozza, Saullo Marchio, Giuseppantonio Elia, ed Angelo Rocca,
tutti componenti una banda armata.
6 Che nel 1861 fomentava i briganti
I fatti reali sono del tutto contrarii con le falze imputazioni,
di fatti tra tutti quanti i Comuni della Provincia allora,
e tuttavia si distingue quello del sottoscritto,
mentre non mai sin da più di sei anni
quella Popolazione ha avuto un uomo a scorrere la Campagna,
solo il 1861 tre soli vagabondi inetti
si decisero a darsi a questa perdizione,
e fu il sottoscritto che per l'accanita persecuzione,
e promesse li obbligò a presentarsi in suo potere
il di 6 Luglio 1861 dopo quattro giorni di latitanza,
ed oggi giorno stanno tranquilli nelle proprie case
essi furono Scalzi Luigi, Scalzi Camillo, Colosimo Giuseppantonio
(vedi Fogli 2 B, 4 C)
Dopo questo fatto son tre anni compiti
che Petronà vive tranquilla nello interno, e nello esterno,
non essendosi in quel territorio mai piuù visto un Brigante,
nè cittadini farvi parte
(Foglio 5 Lettera C)
Dunque a chi fomentò?
di chi era Manutengolo?
Nel 13 Luglio 1861 fu mandato
il Signor Rossi Maggiore del 32 Bersagliere,
in quella Provincia per reprimere il Brigantaggio,
e perchè trovò il Comune di Petronà
il più tranquillo, e libero di Briganti
vi fissò sua stazione;
Non appena giunto
il Tallarico Sindaco, ed il Capocasale Capitano,
nella prima visita che gli fecero
non mancarono a dare cattive informazioni contro lo scrivente,
ed il Signor Maggiore novello in quella Provincia non cognito degli intrighi;
ma invece uso a trattare con uomini di onore, e non capaci a mentire,
prestò del credito alle loro assertive,
guardando più il carattere uffiziale dei mendaci delatori,
ed eseguì infruttuosa visita domiciliare al sottoscritto;
ma non passò quello stesso giorno
ed il Rossi toccò colle mani l'inganno in cui era stato tratto,
avendo prese migliori informazioni dal Giudice Leopoldo Martino,
e dal Capitano di Policastro Marcello Venturi;
dopo di chè il sottoscritto fu il più intimo amico del Maggiore,
e lo avvertì guardarsi che avea fieri nemici.
7 Chi era Manutengolo di Briganti
Questa accusa non ha bisogno di lungo ragionamento
per farne risultare la sua insussistenza dalle fondamenta,
giacchè da quanto si è detto nella precedente,
e si è documentato, di quel paese, ed in quel territorio,
non mai più si videro Briganti
dopo fatti presentare i tre cittadini dietro notati nel luglio 1861,
quindi non potevano esservi Manutengoli
(Vedi foglio 5 lettera C).
Nè il sottoscritto poteva essere sospettato tale
quando chiare pruove ha dato
della sua contrarietà a questa Classe di assassini,
ed i suoi fatti, e servizi resi in distruzione di essi
sono stati noti a tutti i Comuni convicini
(Vedi atti rilasciati dai rispettivi Municipi
Fogli 2 A, 4 C, 5 B, 6 B, 7:15, 8 B, e 13, 14, 15, 16, 17).
8 Che nutriva sentimenti contro il Governo,
ed era tenuto in tutta la popolazione di quel Mandamento
come appassionato al Caduto Borbone,
e che ebbe colpa alla rottura del Busto Reale, a Gesso.
Se vero fusse che nel Sottoscritto si vaneggiassero tali sentimenti,
ed esistessero questi fatti,
non vi cadrebbe dubio ch'egli sia un'Assassino,
il quale sullo Sgabello e sul Patibolo
del suo Genitore, dei suoi fratelli Giuseppe, e Luigi
bramasse il ritorno di quel Governo
che li scannerebbe e via!
Se son cose da non meritare ne anche conghietture.
Figlio di un padre noto per la rivoluzione del 1848,
e sacrificato dai Borboni per dodici Anni,
spediva in vendetta contro essi nel 1860
i due sui fratelli minori Giuseppe, e Luigi Rizzuti
con Forza Armata di 75 uomini
ad ingrossare le fila di Garibaldi
sul Campo Soveria Mannelli
ove disarmarono i 14 mila Soldati Borbonici.
(Foglio 2 lettera C)
Correvano i Fratelli Rizzuti
a spegnere le Reazioni Borboniche
nei Comuni di Cotronei, Adali, Marcedusa, e Belicasto.
Perseguitarono i Briganti accanitamente
finchè tranquillarono quei luoghi.
Son pruove queste che il sottoscritto
non può umanamente essere ritenuto per appassionato al Borbone,
come falzamente asseriscono nelle informazioni i suoi nemici
Giudice, Delegato, e Sindaco,
nonchè il Brigadiere dei Carabinieri
da loro stessi sedotto, e male informato.
D'altronde sono i Municipi,
e Notabili Cittadini di quello stesso mandamento
che attestano sulla vera Condotta del Sottoscritto
(Vedi Fogli 2, 4, 5, 6, 7, 8, 9).
Dal documento foglio 2 lettera B
risulta che egli non è colpevole della Rottura del Busto Reale,
giacchè questo fu un fatto involontariamente accaduto
per un Urto innavveduto che ci diedero
i bambini Suriano Saverio, Elia Luigi, e Marchio Giuseppe,
mentre trastullavano in Chiesa, ove essa era.
Ciò è pubblico in quell'abbitato,
e risulta dal processo istruito contro i sudetti, e Sagrestano,
sul quale il Tribunale con decisione dichiarò non farsi luogo a procedimento.
9 Che nel 14 Aprile 1863 facilitò la fuga del Detenuto suo Fratello,
e parlò contro il Governo eccitando malcontento.
Non poteva certamente parlare,
ed eccitare malcontenti contro un Governo
per il quale ha la sua famiglia speso, e travagliato,
nè facilitò la fuga di suo Fratello,
che non fù mai detenuto.
Queste due imputazioni
gli stessi Tallarico Sindaco, e Capocasale Capitano
le produssero al Signor Procuratore Generale della Corte di Catanzaro,
il quale fatto istruire processo,
risultarono falze,
e la medesima Corte con decisione 28 Maggio 1863
dichiarò non farsi luogo a procedimento.
Risulta pure la falzità di esse accuse
dal documento foglio 10 lettera A.
10 Ch'abbia rotto ed aperto i suggelli di un Plico
appartenente ad altro individuo violandone i segreti.
Questo stesso plico era stato scritto,
e suggellato dallo stesso sottoscritto,
e come risulta dai documenti fogli 11 e 12 A e B
non fù egli che ne commise il Reato,
ma il Sindaco Tommasantonio Tallarico,
contro del quale l'interessato Sig. Vincenzo Sirianni espose querela,
non mai contro lo scrivente,
al quale come Segretario del Municipio,
aperto gli venne consegnato dallo stesso Sindaco Tallarico
per conservarlo in archivio.
I sopra accennati documenti sono la dichiara
del Giudice dell'epoca, Cancelliere, e del Querelante.
Nella querela il sottoscritto non figura come reo,
ma come consegnatario legale delle carte,
e s'è stato calcolato come complice, od autore
deve ciò addebitarsi alla poca solerzia di quel Giudice Mandamentale suo inimico;
e perciò dimanda che sia riletta la querela per ciò verificarsi.
Tutti quanti codesti calunniosi addebiti,
senza sentirsi la giustifica, e gli schiarimenti dell'imputato,
corroborati da falze ed intrigate informazioni
scritte con spirito di vendetta,
doveano saviamente far ritenere
nel convincimento morale delle Superiori Autorità,
che il Sottoscritto sia tendente al mal=fare.
Ma se gli era, o gli sarà ammessa
la grazia di potersi giustificare,
risulterà la sua innocenza,
ed i carichi gli ridenderano al contrario a merito ed onore.
A considerazione dunque che
da undici mesi languisce indebitamente,
e sull'appoggio dei forti argomenti
che pruovano la sua completa innocenza,
implora la grazia di potere ritornare in padria
e godere quella felicità toltagli
dallo intrigo dei suoi nemici.
Ed ove la sventura ancora non sia sodisfatta
a tenergli vietato ogni mezzo a giustificare l'onor suo macchiato,
ed i cinque mesi di ingiusta prigione non gli si computano,
gli sia almeno accordata la facoltà
di stabilirsi in Catanzaro, o Cotrone
sotto la vigilanza di quelle autorità,
giacchè la sua salute richede respirare l'aria natia,
e le sue dissestate finanze esiggono il suo ravvicinamento per rassestarle.
Ma la concessione di tali grazie
non riabilitano la sua macchiata Opinione, il suo Onore,
perciò implora ammettergli
una regolare istruzione sui carichi addebitati,
per la quale depositerà una somma,
onde a sue spese sia eseguita
escludendo da essa i suoi nemici autori della Calunnia,
cioè Famiglie dei Sig. Tallarico Tommasantonio, Capocasali,
Iannoni, Lucia, Scalzi Fiuseppe fu Santo, Colosimo Emilio, Camillo di Petronà
Nicola Madia Giudice, Delegato di Policastro, D Sigismondo Colosimo di Catanzaro.
Il Sottoscritto volontariamente si sottomette
alla multa di Lire mille
quante volte da questa istruzione
risulterà la menoma differenza
di quanto ha esposto nella presente memoria.
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